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Armando Siri, l’esperto di Salvini: con la rottamazione dei crediti di Equitalia una sola tassa al 1

  • Corriere Della Sera2017-04-22

MILANO Rottamazione «vera» delle multe per arrivare alla Flat tax. Ne parlerà Matteo Salvini a Verona alla manifestazione di martedì prossimo, ne parla da tempo Armando Siri, ideologo fiscale della Lega che ha adattato alla realtà italiana la teoria dell’aliquota unica per tutti.

L’idea, spiega è quella di una «pacificazione fiscale». E cioè, che «i circa 817 miliardi di crediti inesigibili da Equitalia siano rottamati ma non nel modo in cui avviene ora, in cui a pagare saranno soltanto quelli che possono permettersi di farlo in cinque rate». Meglio invece «il saldo e stralcio al 6%, al 10%, al 25% di tutti i crediti in incaglio.

Ciò consentirebbe di incassare 60 miliardi in 2 anni». E darebbe la possibilità a milioni di contribuenti «di uscire da uno stato di prostrazione senza via d’uscita e allo Stato di incassare somme altrimenti perdute». Obiettivo finale, alimentare per i primi anni l’unificazione al 15% dell’aliquota fiscale per tutti i contribuenti, la versione aggiornata dal «pagare meno per pagare tutti». L’obiezione di molti è che il crollo delle entrate nei primi anni del nuovo regime sarebbe insostenibile per il fabbisogno dello Stato.

Siri non è d’accordo: «Basti pensare che la maggior disponibilità nelle tasche delle famiglie porterebbe da sola a 7 miliardi di ulteriore gettito Iva». È vero però che anche Forza Italia è scettica sulla possibilità di un’aliquota così bassa, e parla di tassa unica al 24%. «In realtà — spiega Siri — l’aliquota al 15% è la minore possibile per la più vasta platea possibile di contribuenti.

Con la cifra di cui parla Forza Italia, circa 20 milioni di italiani sarebbero già fuori, visto che oggi la minima è al 23%». Quello di cui Siri neppure vuol sentire parlare è l’aumento dell’Iva: «Sono sbalordito — dice — Gentiloni ha appena detto che il problema è la domanda interna, e Padoan vuole aumentare l’Iva? Come al solito, si cerca di curare la febbre e non la malattia».